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4 maggio 2018

Finalmente vivo un po’ come un essere umano

Xiangwang Provincia di Sichuan

Mi sento castigato nel profondo del cuore ogni volta che noto che la parola di Dio dice: “Umanità crudele e brutale! La cospirazione e l’intrigo, la contesa con l’altro, la corsa alla reputazione e alla ricchezza, l’eccidio reciproco, quando avranno mai fine? Dio ha detto centinaia di migliaia di parole, ma nessuno è diventato ragionevole. Gli uomini agiscono per il bene delle loro famiglie, dei figli e delle figlie, per la carriera, per le prospettive, per la posizione, per la vanità e per il denaro, per amore dei vestiti, per il cibo e per le cose della carne… Quali azioni sono davvero per amore di Dio? Anche tra coloro che agiscono per amore di Dio, ci sono solo pochi che Lo conoscono. Quanti non agiscono per il bene dei loro interessi? Quanti non opprimono e discriminano gli altri per mantenere la propria posizione? Dio è stato, dunque, condannato con forza a morte innumerevoli volte, innumerevoli giudici violenti Lo hanno condannato e ancora una volta inchiodato sulla croce” (“Il malvagio deve essere punito” in La Parola appare nella carne). Ripenso al modo in cui evitavo di cercare la verità, a come, nello svolgimento del mio compito, competevo ripetutamente con i miei colleghi di lavoro, a come, per amore della mia reputazione e del mio beneficio, reprimevo o rifiutavo gli altri, a come causai perdite sia per la mia propria vita che per l’opera della famiglia di Dio. Sebbene Dio avesse disposto molte circostanze per salvarmi, ero insensibile e fui completamente incapace di afferrare la Sua intenzione. Ma Dio continuò ad avere compassione di me, a salvarmi, e solo dopo ripetuti castighi e giudizi mi risvegliai e compresi il desiderio che Egli aveva di salvarmi, misi da parte la mia ricerca di reputazione e prestigio e iniziai ad agire un poco come un essere umano.

Nel 1999, accettai l’opera di Dio negli ultimi giorni. In quel tempo, la mia famiglia adempì il suo dovere di ospitalità e vidi il modo fantastico in cui fratelli e sorelle realizzavano la condivisione ed erano in grado di usare le parole di Dio per rispondere a qualsiasi domanda. Eravamo tutti pronti a entrare in contatto con loro, e avremmo apertamente condiviso con loro qualsiasi questione. Li invidiavo, pensando: non sarebbe fantastico se un giorno potessi essere come loro, circondato da fratelli e sorelle, a risolvere i loro problemi? E con questa intenzione iniziai a svolgere il mio compito nella Chiesa. Nel 2007, ricevetti l’elevazione e l’apprezzamento di Dio e mi fu affidato l’incarico di dirigente di distretto. I fratelli e le sorelle mi riferivano se i soggetti del mio lavoro erano in uno stato non corretto, le loro difficoltà, e varie problematiche del distretto. Sentivo di essere al centro delle cose e che i miei anni di lavoro erano stati utili: ora ero in grado di condividere alcune verità e aiutare i miei fratelli e sorelle nelle loro difficoltà. E, sebbene il carico di lavoro fosse leggermente pesante, ero disposto a impegnarmi duramente. Per mantenere la mia posizione e soddisfare la mia vanità, nello svolgimento del mio compito, mi comportavo in modo esemplare e positivo. A prescindere dal lavoro che i dirigenti ci assegnavano, anche se i miei collaboratori ritenevano fosse difficile ed erano riluttanti a collaborare, io rispondevo sempre bene e, se riscontravo difficoltà, rimanevo calmo e concordavo attivamente con loro. Anche se c’erano cose che non capivo, stavo al gioco, per guadagnare la lode dei miei superiori.
Così, i miei superiori avrebbero pensato bene di me, mi sarei distinto tra i miei colleghi di lavoro, e potei iniziare a pianificare come raggiungere i miei scopi: compiendo l’opera evangelica, fu molto facile essere notato, provare le mie capacità e guadagnare la lode dei miei superiori. Fintantoché l’opera si dimostrava efficace, non era un grosso problema se gli altri lavori non lo erano: i superiori non mi avrebbero potato o trattato. E così mi misi a lavorare: cambiai il modo di considerare l’opera evangelica, e non guidai più con pazienza i miei fratelli e sorelle. Se essi mi riferivano difficoltà nell’opera evangelica, io li potavo o li trattavo. Iniziai a pressare e assillare i dirigenti di Chiesa perché ottenessero risultati e, se i risultati erano deludenti, mi arrabbiavo: “Perché avete raggiunto così poche persone? Volete conservare questo lavoro? Il mese prossimo, se non vedremo risultati migliori, dovremo sostituirvi!”. Non consideravo la levatura dei miei fratelli e sorelle, e non usavo la verità per risolvere i problemi e le difficoltà che incontravano. Semplicemente, li pressavo e assillavo allo scopo di mantenere la mia posizione. Rapidamente, i risultati migliorarono, la qual cosa mi deliziò. Risultati migliori significavano che ero tra i migliori dei miei colleghi di lavoro e divenni entusiasta di me stesso. Non molto tempo dopo, ci venne assegnato un fratello. Aveva un bell’aspetto ed era un buon oratore e comunicatore. Iniziò a fare il giro delle Chiese e tutti i fratelli e le sorelle lodavano la sua condivisione. Questo mi sconvolse: tutti lodavano la sua condivisione, il che doveva significare che la mia non era buona! Sarebbe stato meglio se lui non fosse stato mandato da noi. Confrontandomi con lui, scoprii che era veramente migliore di me. Ma non ero disposto a rinunciare. In quel tempo, ero preoccupato della reputazione e del beneficio e non ero interessato ai diversi problemi della Chiesa. Iniziai a preoccuparmi di ciò che indossavo, di come parlavo e agivo. Durante le riunioni, mettevo deliberatamente in mostra la mia saggezza, in modo che i fratelli e le sorelle potessero avere di me una grande stima. A volte sminuivo il fratello che era stato assegnato a lavorare con me e cercavo di capire in che modo il soggetto del nostro lavoro mi riguardasse. Vivevo in uno stato sbagliato ed ero incapace di salvare me stesso. In ogni cosa, mi confrontavo con quel fratello e avevo completamente perso l’opera dello Spirito Santo. Non molto tempo dopo, venni sostituito. Quando seppi la notizia, fu come se un coltello mi si rigirasse nel cuore: cosa sarebbe stato della mia reputazione, del mio prestigio, del mio futuro? Dio mi stava giudicando e castigando, tuttavia io non avevo nessuna comprensione della mia natura. Al contrario, fantasticavo su come i dirigenti mi avrebbero analizzato in altri luoghi: come avrei affrontato le persone, cosa avrebbero pensato quelli che mi conoscevano? Intrappolato nella rete di Satana, iniziai a lamentarmi, rimpiangendo di aver svolto il mio compito come dirigente, perché se non avessi assunto quel ruolo tutto ciò non sarebbe mai successo.… Più ci pensavo, più soffrivo. Sotto il castigo di Dio, perdevo il sonno e pensavo le cose più deliranti. Alla fine, arrivai quasi al punto del crollo spirituale, e diverse volte mi sfiorò il pensiero di farmi travolgere da un’automobile per strada. Sapevo che, a questo punto, mi trovavo in uno stato pericoloso, ma non riuscivo a liberarmi e non ebbi altra scelta che presentarmi di fronte a Dio e pregare: “Oh Dio, in questo momento sto vivendo nelle tenebre, sono ingannato da Satana e sto soffrendo tantissimo. Non voglio accettare tutto quello che mi è successo oggi, voglio sfuggire dal Tuo castigo e giudizio, e mi sono lamentato e Ti ho tradito. Oh Dio! Ti supplico di proteggere il mio cuore per rendermi capace di esaminare e comprendere me stesso, per avere pietà di me”. Dopo questo, vidi la condivisione umana: “Dio tratta alcuni individui con particolare gentilezza ed elevazione. Essi sono promossi a diventare dirigenti o operai, e sono loro affidati incarichi importanti. Ma queste persone non ricambiano l’amore di Dio, vivono per la loro carne, per il prestigio e la reputazione, cercando di rendere testimonianza a sé stessi e di guadagnare rispetto. Questi atti sono buone azioni? Non lo sono. Queste persone non comprendono come confortare Dio, non hanno nessuna considerazione dei Suoi desideri. Cercano solo di soddisfare sé stesse. Sono persone che feriscono il cuore di Dio, commettono solo il male, provocano così tanta sofferenza, troppa sofferenza, al cuore di Dio. Dio li promuove come dirigenti, come operai, per incoraggiarli, in modo che diventino perfetti. Ma essi non hanno nessuna considerazione dei desideri di Dio e lavorano solo per sé stessi. Non lavorano per rendere testimonianza a Dio o in modo che coloro che Egli ha scelto possano entrare nella vita. Lavorano per rendere testimonianza a sé stessi, per raggiungere i loro scopi, per avere prestigio tra coloro che Dio ha scelto. Queste persone sono quelle che resistono di più a Dio, che feriscono di più il Suo cuore. Questo è un tradimento di Dio. Ciò che viene fatto da loro, in parole umane, può essere definito un fallimento di sapere come apprezzare la bontà, in termini spirituali, queste persone sono individui malvagi che resistono a Dio” (“Il significato importante dietro alla preparazione delle buone azioni” in Sermoni e comunicazioni sull’ingresso nella vita Volume II). Percepii questa condivisione come una spada a doppio taglio che trafiggeva il mio cuore, lasciandomi profondamente castigato. Era stata la bontà e l’elevazione di Dio che mi aveva permesso di diventare un dirigente, ed Egli lo aveva fatto perché potessi diventare perfetto. Ma io non avevo tenuto conto del proposito di Dio e non avevo saputo come ricambiare il Suo amore. Avevo vissuto per il prestigio e la reputazione, per rendere testimonianza a me stesso, e la natura di tutto questo era resistere a Dio e tradirLo. Dio detestava tutto ciò che avevo fatto e così pose fine al mio servizio, mostrandomi che nella Sua famiglia regnano Lui e la verità. Ripensai a ciò che avevo ricercato: ritenevo che mantenere buone relazioni con i miei superiori avrebbe garantito che conservassi la mia posizione, così mi inchinai e feci sacrifici per loro, e fui d’accordo con ogni loro parola. Ma con i miei fratelli e sorelle fui duro e critico. Com’ero spregevole! Avrei fatto qualunque cosa per il prestigio. Tentai di usare i miei fratelli e le mie sorelle per raggiungere il mio scopo di emergere tra gli altri; non adempii le mie responsabilità nei confronti delle vite dei miei fratelli e sorelle. Li pressai e li assillai, al punto che i soggetti del mio lavoro mi temevano e mi evitavano, non osando confidarsi con me. Tuttavia, non tornai sui miei passi e non esaminai me stesso. Dio mi aveva mandato quel fratello e non solo io fui incapace di imparare la lezione, ma combattei più duramente per reputazione e beneficio, mettendo in mostra la mia carne, facendo sì che Dio mi detestasse e perdendo l’opera dello Spirito Santo. E la mia sostituzione fu la giustizia di Dio che piombava su di me: il miglior giudizio possibile di me, la miglior salvezza, il grande amore di Dio. Altrimenti avrei continuato in modo inconsapevole sulla strada dell’anticristo. Dio fermò i miei passi peccaminosi. Mi rammaricai profondamente che l’intenzione originale delle mie ricerche non fosse stata corretta e che non mi fossi concentrato sulla soluzione dei problemi, tutte cose che ebbero come conseguenza il fallimento di oggi. In quel periodo, tutte le volte che cantavo un inno di esperienza singhiozzavo, e le lacrime sgorgavano sul mio viso: “Dopo aver offeso la Tua indole, caddi nelle tenebre e sentii completamente il dolore provocato da Satana. Mi sentii afflitto e inerme, accusato dalla mia coscienza, con una sofferenza più grande della morte, e solo allora conobbi la felicità di una coscienza in pace. Quante occasioni di essere perfezionato ho sprecato, non riuscendo a vedere le Tue buone intenzioni. Anche se donassi tutto, non potrei mai pareggiare la ferita inferta al Tuo cuore. Oh Dio, Dio pratico, come vorrei tornare a prima e ripartire da capo. Come posso essere compatibile con Te quando il mio cuore cela desideri bizzarri? Bramo i benefici del prestigio, per cui come potrei non cadere? Non ho mai avuto considerazione dei Tuoi desideri, sono stato passivo e resistente nei Tuoi confronti, e mentre Ti servivo, nello stesso tempo resistevo e imbrogliavo. Se non fosse stato per la Tua compassione, oggi non sarei qui. Visto ciò che ho fatto, la morte non potrebbe redimermi. L’aria che respiro l’ho ottenuta grazie alla Tua pazienza. Oh Dio, Dio pratico, non avrei dovuto farTi soffrire così tanto per me. Le Tue parole di vita toccano il mio cuore, le Tue esortazioni mi danno una forza infinita, permettendomi di sollevarmi di nuovo in mezzo alle disfatte, mostrandomi il valore della vita e il motivo della mia creazione. Così, messo di fronte alla Tua richiesta finale, come potrei di nuovo scappare? Voglio utilizzare azioni reali per ripagare il prezzo che Tu hai pagato. Sia che incorra in benedizioni sia in avversità, vorrei solo soddisfarTi, darTi me stesso, seguirTi più da vicino anche se non ricevo nulla in cambio” (“La compassione di Dio mi ha fatto rinascere” in Segui l’Agnello e canta dei canti nuovi). Il mio affinamento durò per un periodo superiore a un anno e, nonostante le sofferenze tra la morte e la vita, che mi facevano sentire come se fossi spellato vivo, scoprii che la mia brama di prestigio e prospettive si era indebolita, e vidi quanto l’affinamento fosse valido.
Nel 2012, una sorella responsabile dell’opera assegnò me e un altro fratello al lavoro di eliminazione e di espulsione in una certa località. Poiché non avevo più svolto tale lavoro ecclesiastico da lungo tempo, avevo una comprensione più limitata di alcuni principi. Ritenevo che alcuni problemi della Chiesa e alcune questioni che determinavano la natura delle cose, nel nostro lavoro di eliminazione ed espulsione, fossero un po’ difficili. Ma l’altro fratello aveva svolto continuamente il lavoro per la Chiesa e colmò le mie lacune, mostrandomi ciò che dovevo imparare. Questo era l’amore di Dio: Egli non pose su di me un fardello pesante. Il fratello compilò il rapporto sul nostro lavoro e, quando si determinava la natura delle cose, effettuò la maggior parte della condivisione. Quando ci incontravamo con i soggetti del nostro lavoro, egli era il primo a compiere la condivisione e, nel corso del tempo, fu come se io non esistessi, e un pensiero si fece strada dentro di me: quando lavoriamo insieme, sei migliore nella condivisione, ma io sono meglio nell’opera evangelica. E, a prescindere da quanto tu sia bravo nella condivisione, devi essere pratico. Questo non significava forse che il lavoro di eliminazione ed espulsione non avrebbe dovuto andare a scapito dell’opera evangelica? Tu parli, parli e parli ancora, mettendoti in mostra. Sarebbe meglio se ci separassimo, così anch’io potrei mostrare i miei punti di forza. Non sono un incapace. Forse penserai che non sono così bravo nella condivisione, ma sono migliore di te nel lavoro pratico e, a ogni modo, l’opera evangelica è il mio punto di forza. E in quel momento ricevemmo una lettera della sorella responsabile dell’opera: per ragioni operative dovevamo separarci, e ognuno sarebbe stato responsabile di una zona. E, sebbene i risultati di tutti i tipi di lavoro, nell’area di cui ero responsabile, non fossero così buoni come quelli dell’area della quale era responsabile il fratello, provavo comunque gioia: avevo un luogo in cui utilizzare i miei talenti. E non vi preoccupate se i risultati non erano molto buoni, aspettate che ci lavori su, e proverò di cosa sono capace. Quando fummo separati, mi buttai nel mio lavoro e iniziai a organizzare eventi, comunicando le disposizioni operative ai fratelli e alle sorelle e trovando le parole di Dio da condividere con essi. E le cose iniziarono a migliorare. E non potei far altro che pensare: come sta andando il fratello? Sta facendo meglio di me? E quando ci incontrammo e venni a sapere che la mia opera evangelica era migliore della sua, che avevo raggiunto più persone, in segreto ne ero compiaciuto: finalmente sono meglio di te e posso andarne fiero. E proprio mentre mi sentivo compiaciuto, lo Spirito Santo mi rimproverò: “Stai forse rubando la gloria di Dio?”. Il mio cuore sprofondò. Sì, diffondere il vangelo è compito e responsabilità di ognuno dei prescelti di Dio, ma io l’avevo considerato come una via verso la reputazione e il beneficio. Ed era stato grazie alla collaborazione dei miei fratelli e sorelle, alle benedizioni di Dio, che avevamo raggiunto quelle persone. Cosa avevo da vantarmi? Mentre ci pensavo, mi vergognai. Ero così spregevole. La santità di Dio non mi permise di accogliere tale corruzione e, quando mi resi conto delle circostanze, ringraziai Dio per avermi riportato alla ragione. Non avrei più ricercato reputazione e prestigio. Nei giorni seguenti, mi concentrai sulla lettura delle parole di Dio, quando incontrai delle situazioni le accettai come inviate da Dio, e gradualmente la mia sete di reputazione e di prestigio scomparì. Paragonavo solo il mio amore per Dio con quello dei miei colleghi operai, e attingevamo la forza gli uni dagli altri e compensavamo le debolezze gli uni degli altri. Non molto tempo dopo, fui promosso allo svolgimento di un altro incarico. Fui molto sorpreso e compresi che si trattava dell’elevazione di Dio per me. Apprezzai questo incarico, desiderando fare tutto ciò che era in mio potere per soddisfare Dio.
Ma Dio continuò ad avere compassione di me, a salvarmi, e solo dopo ripetuti castighi e giudizi mi risvegliai e compresi il desiderio che Egli aveva di salvarmi, misi da parte la mia ricerca di reputazione e prestigio e iniziai ad agire un poco come un essere umano.
Nell’agosto del 2012, la sorella responsabile del nostro lavoro fece una condivisione con me, assegnandomi a un’altra località per lo svolgimento del mio compito. In quel momento acconsentii con entusiasmo, ma prima che me ne andassi lei disse: “È meglio inviare quel fratello a lavorare con te, sarà meglio per l’opera della famiglia di Dio…”. Lei chiese il mio parere, e io risposi: “Va bene, sono pronto a lavorare con lui”. E quando ci incontrammo durante la riunione, egli fu franco con me: “Non ero d’accordo sulla loro scelta nei tuoi confronti, la tua condivisione non è così buona come la mia!”. Quella dichiarazione sbrigativa mi lasciò in grande agitazione. Pensavo di essermi lasciato alle spalle i pregiudizi contro il fratello, ma, ascoltando quelle dichiarazioni, qualcosa fece di nuovo capolino dentro di me: è una vera vergogna, non avrei dovuto accettare di andare con lui. Conosce tutti i miei difetti. Avevo pensato che, all’arrivo nel mio nuovo posto, sarei stato molto più apprezzato come nuovo arrivato! Ma ora non si poteva fare più nulla. Mi sforzai di sorridere e agii come se non ci fosse niente di sbagliato, pensando: non sono bravo nella condivisione, ma sono stato scelto per primo perché sono migliore di te. Se non mi credi, aspetta e vedrai! Viaggiammo fino al nostro nuovo luogo di lavoro e ci buttammo subito nello svolgimento del nostro compito. All’inizio, quando incontrammo i soggetti del nostro lavoro, pregai di essere capace di abbandonare la carne, di trattenere me stesso per amore di una collaborazione armoniosa. Ascoltai con attenzione il modo in cui egli condivideva con i soggetti del nostro lavoro il loro stato e pregai per lui, mentre io condividevo con loro l’opera evangelica. Dopo qualche tempo, mi resi conto che la sua condivisione era più chiara della mia. Durante le riunioni con i soggetti del nostro lavoro, nel corso della condivisione, non volevo pronunciare nemmeno una singola parola. Desideravo che quelle riunioni terminassero presto e volevo scappare via. In quel tempo, eravamo responsabili di una grande area, e io ebbi un’idea: se avessimo lavorato separatamente, non avrei sofferto così tanto. Quando lo spiegai al fratello egli fu d’accordo: “Le dimensioni dell’area rendono il lavoro difficile, è giusto dividerci”. Quando incontrai da solo i soggetti del nostro lavoro, fui in grado di parlare a lungo, condividendo e organizzando, assumendomi un grande “fardello” per loro. Ben presto, vidi i risultati in tutti gli aspetti del mio lavoro, mentre il fratello non stava andando particolarmente bene. Non feci niente a proposito, come fosse una cosa che non mi riguardava. Durante una riunione, i nostri superiori vennero a sapere che stavamo lavorando separatamente e condivisero con noi le responsabilità del nostro lavoro e la verità della collaborazione armoniosa. Ero pronto ad accettare tutto ciò e a non lavorare più separatamente da lui. Ma continuammo a lavorare divisi, utilizzando la scusa che entrambi sapevamo di poter lavorare meglio. Temendo che i miei superiori mi avrebbero criticato, andai nell’area del fratello per fare una condivisione con i soggetti del suo lavoro, ma mi resi conto di essere fuori dalla mia zona. Se avessi fatto una buona condivisione sembrava probabile che il merito sarebbe andato al fratello. Così, feci finta di niente e trovai una scusa, dicendo che avevo da svolgere un compito amministrativo, e corsi via. Il fratello continuava a non vedere nessun risultato, tuttavia non davo la colpa a me stesso né mi sentivo impaurito: non avevo timore di Dio, e addirittura ignorai diverse comunicazioni da parte dei nostri dirigenti. Questa situazione continuò fino a quando facemmo rapporto sul nostro lavoro, e io ne rimasi stupefatto: sebbene nella mia area avessi raggiunto molte persone, quando venivamo sommate entrambe le aree, i numeri erano bassi. Solo allora mi sentii impaurito. Avevo tentato di mettere alla prova me stesso, per realizzare la mia intenzione di mostrare quanto potessi lavorare bene, e che ero meglio di lui nell’opera evangelica. Ma nella sua area l’opera evangelica si era quasi interrotta, e l’alto aveva detto che questo non sarebbe dovuto succedere in nessuna circostanza. Ero diventato l’ostacolo che impediva la continuazione dell’opera di Dio. Non ebbi altra scelta che esaminare le parole di Dio per scoprire la causa scatenante di queste circostanze. Vidi quanto segue “Ognuno di voi, quale persona che serve, deve saper difendere gli interessi della Chiesa in tutto ciò che fa, piuttosto che guardare ai propri interessi. È inaccettabile camminare da soli: in tal modo tu danneggi il tuo prossimo ed egli danneggia te. Coloro che agiscono così non sono adatti a servire Dio! L’indole di questo genere di persone è davvero malvagia, e in esse non rimane neppure un grammo di umanità. Sono Satana al centro per cento! Sono bestie! Anche adesso cose di tal genere avvengono tra di voi, fino al punto che vi attaccate a vicenda durante la condivisione, cercate volutamente scuse, litigate diventando paonazzi per cose da poco, mentre nessuno è disposto a farsi da parte, ognuno nasconde all’altro ciò che ha dentro, scruta il prossimo con circospezione e resta in guardia. Un’indole di questo tipo può forse agevolare il servizio a Dio? Un’opera come la vostra può alimentare i fratelli e le sorelle? Non solo sei incapace di guidare le persone lungo un corso di vita corretto, ma in realtà inoculi la tua indole corrotta nei fratelli e nelle sorelle. Non stai ferendo gli altri? La tua coscienza è tanto malvagia, corrotta fino al midollo! Non accedi alla realtà e non metti in pratica la verità. Per di più, mostri sfacciatamente la tua natura diabolica agli altri: non hai proprio vergogna! I fratelli e le sorelle sono stati affidati a te, ma tu li porti all’inferno. Non sei forse uno la cui coscienza è tutta marcia? Sei totalmente senza vergogna!” (“Servite come fecero gli israeliti” in La Parola appare nella carne). Le dure parole di Dio smascherarono la mia vera natura e mi lasciarono svergognato. Era stato grazie all’elevazione e alla bontà di Dio che avevo potuto svolgere il mio compito, Dio mi aveva affidato l’incarico di portare a Lui i fratelli e le sorelle. Ma non ero entrato nella realtà, non avevo praticato la verità e, a causa della reputazione e del prestigio, avevo ignorato gli interessi della famiglia di Dio. Avevo combattuto, sia apertamente che in segreto, con il fratello, lavorando da solo. Ora è il momento di diffondere il vangelo e Dio spera che coloro che lo cercano veramente tornino presto alla Sua famiglia. Ma mi sottrassi alle mie responsabilità e non amai Dio, non tenni in considerazione il Suo desiderio più ardente e non portai a Lui coloro che cercavano la vera via. Cercai reputazione e prestigio, cose inutili, per mettermi alla prova, invece di aiutare gli altri. Non condivisi i problemi del nostro lavoro, sperando che il fratello rimanesse indietro. Ero invidioso degli aspetti del lavoro in cui il fratello era più forte, o addirittura li ignoravo, e considerai il lavoro come un gioco in cui mi mettevo in mostra, mi vantavo di me stesso e sminuivo il fratello. Ero troppo malvagio, senza alcuna umanità. Dio detesta persone del genere e, se non fossi cambiato, come avrei potuto servirLo? Se non fossi entrato nella realtà, come avrei potuto portare a Dio i miei fratelli e sorelle? In lacrime, venni di fronte a Dio e pregai: “Oh Dio! Avevo torto, era frutto della mia ribellione. Non sono stato capace di considerare i Tuoi desideri e per provare me stesso ho combattuto contro mio fratello, per batterlo ho ignorato la mia coscienza e non ho adempiuto le mie responsabilità. E adesso, l’opera evangelica è stata danneggiata e ho commesso una trasgressione di fronte a Te. Ma voglio pentirmi e cambiare, per lavorare in armonia con il fratello e rendere più attiva l’opera evangelica. Se tento di nuovo di guadagnare prestigio, puniscimi, Dio. Sono pronto a essere osservato da Te, Amen!” Dopo la preghiera, presi l’autobus, andai a trovare mio fratello e feci una franca condivisione con lui, ammettendo di aver agito da ribelle di fronte a Dio e di aver pianificato di migliorare. Facemmo una condivisione sulla nostra comprensione di noi stessi. In seguito, lavorammo uniti insieme con Dio e iniziammo a correggere i fallimenti del nostro lavoro, notando gli sbagli e gli errori, sommando le esperienze positive che avevamo avuto, e agendo in stretta conformità con le disposizioni dell’opera. La nostra opera evangelica migliorò subito. Da questo potei vedere l’indole giusta di Dio. La Sua santità non permette che in me ci sia alcuna sozzura o corruzione, e quando fui ingannato da Satana e non fui in grado di salvare me stesso, fu Dio che stese la Sua mano di salvezza e mi tirò indietro dal ciglio della morte, liberandomi dall’influsso di Satana e consentendomi di cambiare. Sono pronto a cercare la verità e a non essere più ribelle, a essere totalmente leale in tutto ciò che Dio mi ha affidato.
Vidi che la parola di Dio diceva: “Molto di rado, quando lavorate insieme, qualcuno di voi dice: ‘Vorrei sentire la tua condivisione con me riguardo questo aspetto della verità, poiché non mi è chiara’, oppure: ‘Hai più esperienze di me in questo ambito: puoi aiutarmi ad orientarmi, per favore?’. Non sarebbe un buon modo di procedere, questo? Voi ai livelli superiori udite molta verità e comprendete tanto sul servizio. Se voi che coordinate il lavoro nelle Chiese non imparate gli uni dagli altri e non comunicate, rimediando reciprocamente ai vostri punti deboli, da dove potrete imparare le lezioni? In qualsiasi cosa vi imbattiate, dovreste condividere gli uni con gli altri, affinché la vostra vita ne tragga beneficio. Dovreste inoltre condividere attentamente cose di ogni genere prima di prendere decisioni. Solo in tal modo sarete responsabili verso la Chiesa e non sarete precipitosi. Dopo aver visitato tutte le Chiese, dovreste riunirvi e condividere tutte le questioni scoperte e i problemi incontrati in corso d’opera, e comunicare la luce e l’illuminazione che avete ricevuto: si tratta di una pratica di servizio indispensabile. Dovete raggiungere una cooperazione armoniosa al fine dell’opera di Dio, a beneficio della Chiesa e onde spronare i fratelli e le sorelle ad andare avanti. Tu ti coordini con lui ed egli si coordina con te, e vi correggete a vicenda: così si perviene a un migliore risultato dell’opera, onde avere a cuore la volontà di Dio. Solo questa è vera cooperazione, e solo tali persone hanno un vero ingresso” (“Servite come fecero gli israeliti” in La Parola appare nella carne). Nelle parole di Dio, vidi una via per praticare l’ingresso e capii come servire insieme agli altri. Compresi i desideri di Dio: ognuno ha i suoi punti di forza, ed Egli desidera che li usi nell’opera della famiglia di Dio, e, facendolo, le debolezze di tutti verranno compensate. Il lavoro con i fratelli era proprio ciò di cui avevo bisogno. Ero scarso nella condivisione della verità, e per l’amore di Dio feci squadra con il fratello, così la sua forza avrebbe potuto compensare la mia debolezza. Ma ciò non si realizzò e, quando mi trovai con il fratello, non chiesi la sua assistenza se non capivo. A volte, quando faceva una condivisione con me, ero riluttante ad ascoltare. Manovrai con lui per la posizione, danneggiando sia la mia vita che l’opera evangelica. Nei giorni seguenti, praticai l’ingresso in questo aspetto della verità, consultando il fratello su cose che non capivo o non riuscivo a vedere chiaramente: vorrei che condividessi con me questo aspetto della verità, perché non ho le idee chiare. Lo consultai anche a proposito delle difficoltà nel mio lavoro: non capisco questo molto bene, potresti darmi un consiglio? Da quel momento in poi, quando andavamo nelle Chiese, imparavamo l’uno dall’altro e ci completavamo a vicenda e, quando incontravamo un problema, lo condividevamo insieme, trovando insieme le parole di Dio per risolvere i problemi della Chiesa. Diventammo collaboratori in spirito, accettandoci a vicenda, preoccupandoci l’uno dell’altro, comprendendoci a vicenda. A volte i nostri punti di vista erano diversi, ma finché essi erano di beneficio alle vite dei nostri fratelli e sorelle e all’opera della famiglia di Dio, riuscivamo a trovarci d’accordo. Anche se facemmo qualche brutta figura, riuscimmo a mettere da parte i nostri desideri. Lavorammo insieme felicemente, e ogni aspetto del nostro lavoro migliorò.
Ringrazio Dio Onnipotente per avermi cambiato tramite il Suo giudizio e il Suo castigo, per avermi fatto vedere il veleno e il pericolo di Satana. Ora ricerco ciò che è corretto, e vivo come un essere umano. Anche se dentro di me ho ancora molta corruzione che deve essere purificata e deve passare attraverso più giudizio e castigo, ho capito che il giudizio e il castigo di Dio sono la miglior salvezza dell’uomo, il più autentico amore di Dio per l’uomo. Desidero sperimentarli di più, voglio che il giudizio e il castigo di Dio mi accompagnino mentre progredisco, fino a quando, alla fine, sarò adatto a essere servo di Dio.
Fonte: La Chiesa di Dio Onnipotente

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