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27 agosto 2018

Film cristiano – “Il partito non ha finito di parlare”

Film cristiano – Come il PCC rovina le famiglie cristiane “Il partito non ha finito di parlare”

Li Ming’ai è una cristiana che vive in Cina. È una donna dal carattere retto che rispetta i suoceri, aiuta il marito, educa il figlio e ha una famiglia felice e armoniosa. Tuttavia, in Cina, dove l’ateismo esercita il controllo, il governo Comunista Cinese arresta e perseguita con accanimento chi crede in Dio. Nel 2006, Li Ming’ai è stata arrestata e multata a causa della sua fede in Dio. Dopo essere tornata a casa, la polizia comunista cinese ha spesso minacciato e intimidito lei e i suoi famigliari e ha cercato di impedirle di continuare a credere in Dio. Un giorno, mentre Li Ming’ai era a una riunione fuori casa, è stata denunciata da un informatore. La polizia è andata a casa sua per arrestarla. La donna è stata costretta a lasciare casa, e da quel momento in poi ha iniziato a nascondersi da un posto all'altro e a fuggire di casa in casa. La polizia comunista cinese non la lascia in pace e continua a tenere d'occhio casa sua, aspettando l'occasione per arrestarla. Una sera, Li Ming’ai si reca di soppiatto a casa per vedere i suoi, ma quasi subito sopraggiunge la polizia per arrestarla. Fortunatamente qualcuno mette in guardia Li Ming’ai, la quale fugge scampando al pericolo.

Tre anni dopo, mentre pratica la fede e svolge il suo dovere lontano da casa, Li Ming’ai viene seguita e arrestata dalla polizia comunista cinese. La polizia la tortura e la tormenta in modo disumano, e si serve dell’affetto dei legami famigliari per cercare di attirarla in una trappola. Ricorrono a delle minacce come quella di negare a suo figlio il diritto di frequentare la scuola e di ostacolare la possibilità che un giorno il bambino, fattosi adulto, ricopra un impiego nella pubblica amministrazione, e tutto questo pur di costringere Li Ming’ai ad abbandonare la fede in Dio, a tradire i capi nella Chiesa e a rivelare dove tengono il denaro. Per tutto questo periodo, Li Ming’ai prega Dio e ripone la sua fede in Lui. Nella parola di Dio trova l’illuminazione e la guida. Subisce torture e viene tormentata dalla polizia comunista cinese, capisce che sono trucchi di Satana e decide di non tradire Dio. Dà una testimonianza ferma a Dio. L’interrogatorio da parte della polizia comunista cinese non dà nessun risultato e i poliziotti, svergognati, sono in collera. Così portano Li Ming’ai, che indossa gli abiti da carcerata, nel suo villaggio, facendola sfilare per le vie del paese affinché tutti la vedano. Lo fanno perché provi vergogna e poi cercano di convincere i suoi familiari a tentarla di tradire Dio e la Chiesa. Li Ming’ai è infuriata dal modo in cui i comunisti cinesi attribuiscono le difficoltà dei suoi famigliari alla sua fede in Dio. Piena di giusta indignazione, Li Ming’ai mette rabbiosamente in luce la realtà malvagia di come il governo Comunista Cinese arresta e perseguita i cristiani. Afferma che il vero distruttore delle famiglie dei cristiani è il governo Comunista Cinese, che esso è il criminale efferato per eccellenza che causa ogni sorta di sciagure alla gente. In tal modo, Li Ming’ai svergogna e sconfigge clamorosamente i comunisti cinesi.

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