La cosa più dolorosa per mio marito e per me era che non sapevamo come educare nostro figlio. Desideravamo solo che potesse prendere la via giusta, che si comportasse bene e che non imparasse a compiere azioni cattive. Tuttavia, per noi che viviamo in questo mondo malvagio, un tale desiderio apparentemente semplice non era facile da realizzare.
Crescendo, mio figlio perse gradualmente l’innocenza e l’incanto dell’infanzia. All’età di dieci anni, non era nemmeno in grado di aiutarci nelle faccende domestiche durante le vacanze scolastiche, ma si occupava solo di guardare la TV, di giocare ai videogiochi e di bighellonare. Inoltre, qualunque cosa di sbagliato facesse, non ammetteva mai i propri errori, ma dava la colpa agli altri e, anche se ammetteva i suoi sbagli, trovava scuse per il suo comportamento. Ci detestava soprattutto quando gli chiedevamo informazioni su quel che faceva; e quando qualcuno poneva queste domande, si ribellava e il suo atteggiamento era davvero orrendo, per noi semplicemente incomprensibile. Nei rapporti con sua sorella minore, si comportava ancora peggio. Ogni volta che vedeva del cibo gustoso o qualcosa che gli piaceva, si dimenava per ottenerlo, quasi fosse un bandito. Incurante dei nostri tentativi di insegnargli ad assecondare la sorella minore, non riusciva capire fino in fondo quel che dicevamo. A scuola, era un disastro. Non svolgeva mai i lavori di classe e per quanto riguardava i suoi compiti per casa, o non li svolgeva o li eseguiva in modo superficiale. Quando mio marito trovava troppi errori nei suoi compiti e gli chiedeva di correggerli, lui sosteneva con rabbia che faceva come gli aveva insegnato il suo docente. Spesso non sapeva che compiti per casa gli erano stati assegnati e molte volte perdeva i libri di testo. A causa dei suoi insufficienti risultati scolastici e della sua indocilità, il suo insegnante si arrabbiò molto e gli chiese di ripetere un anno. Quando mio marito si accorse che niente aveva effetto, indipendentemente da quanto gli avevamo insegnato, si rivolse agli ammaestramenti di quei filosofi cinesi che sostenevano principi come “La pietà filiale è la prima di tutte le virtù”, “Non è mai troppo tardi per rimediare” e “Una persona insincera non può trovare una collocazione nella società”. Mio marito provò a usare questi concetti per insegnargli a essere un figlio rispettoso, che fosse obbediente e sensibile, e potesse ripagare l’amore e le cure dei suoi genitori, per prepararlo a essere un bravo ragazzo, affidabile e meritevole dell’approvazione altrui e capace di ammettere i propri difetti e di correggerli. Tuttavia, i discorsi di mio marito non ebbero su di lui alcun effetto. Mio figlio se ne andava ancora per la sua strada senza cambiare in niente. Alla fine, mio marito ne fu deluso, e scuoteva la testa e sospirava ogni volta che glielo si menzionava. Quando si parlava di lui, non c’era parente che non potesse elencare qualcuna delle sue molte malefatte.