
Sono nato in campagna. Vengo da una famiglia di umili coltivatori e, per di più, nella mia famiglia eravamo in pochi, così spesso eravamo oggetto di prepotenze. Quando avevo 13 anni, c’era un bambino che fu picchiato da qualcuno che veniva da fuori. Gli abitanti del villaggio accusarono ingiustamente mio padre di essere l’istigatore dell’accaduto e dissero che avrebbero perquisito la nostra casa e confiscato i nostri beni, che avrebbero preso i nostri maiali e persino picchiato mio padre. In un’altra occasione, un compaesano si impossessò della nostra rete da pesca e la tenne per sé. Quando mio padre andò a riprendersela, l’uomo lo percosse, facendo leva sul proprio potere e sulla propria influenza. Mio padre dovette ingoiare il rospo perché sapeva di non avere né soldi né potere. Mia madre disse a me e ai miei fratelli che in futuro avremmo dovuto far valere i nostri diritti, e di non condurre mai una vita di oppressione come questa. Essendo giovane e detestando l’ingiustizia della società, decisi che in futuro mi sarei distinto dalla massa e ne avrei guadagnato il rispetto, e che non mi sarei mai lasciato schiacciare. Per questo, studiai con molto impegno, ma non ero sufficientemente intelligente e non riuscii ad accedere a nessuna università. Pertanto, scelsi di fare carriera nell’esercito, dove entrai facilmente, grazie ad alcune conoscenze.